martedì 11 marzo 2014

Il 'boss delle cerimonie' minaccia il giornalista dell'Espresso

INTIMIDAZIONI

Don Antonio Polese, il patron del locale di Ottaviano reso celebre dal reality sui matrimoni in un'intervista televisiva ha annunciato querele contro il cronista Claudio Pappaianni, colpevole di aver raccontato che su quel locale c'è l'ombra della camorra di Raffaele Cutolo
Don Antonio Polese, il boss delle cerimonie


Don Antonio Polese, il boss delle cerimonie, ha annunciato querele contro chi osa accostare il nome del suo locale di successo al padrino della Nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo. Lo ha fatto durante un'intervista a un'emittente campana (PiùEnne di Avellino).

Alla giornalista ha chiesto di non parlare del boss don Raffaè, ma poi lo ha fatto, credendo che la telecamera fosse spenta. Accusa “l'Espresso” e il nostro giornalista Claudio Pappaianni di scrivere falsità. E lo invita a produrre i verbali di cui parla nell' articolo pubblicato a febbraio scorso . «Se hanno la registrazione che lo dice lui (Cutolo, ndr), sennò la pagano cara perché questa è una cosa gravissima», è la minaccia rivolta a Pappaianni. E aggiunge: «Spenderò quanti soldi è possibile per ottenere...».

Alla cronista della tv locale racconta anche i suoi trascorsi giudiziari. E dice la sua sul Castello di Ottaviano (confiscato a Cutolo): «Ci volevano condannare per associazione a delinquere. Ma io ho sempre creduto nella giustizia e la giustizia è stata fatta per bene: ci hanno dato solo il favoreggiamento, perché era l'unica cosa che a noi ci toccava».

Il cerimoniere diventato famoso grazie al programma su Real Time è ferito dall'inchiesta di Pappaianni. Esclude qualunque ingerenza di Cutolo nella gestione dell'albergo. Anche se ammette che è quello il Palazzo del Festival della canzone napoletana, «è questo qua!», lo stesso cioè di cui parla il padrino della Camorra durante i colloqui in carcere con la nipote. Confermando così quanto scritto nell'inchiesta de l'Espresso.

Polese per difendersi arriva a sostenere che è tutta una montatura, dubita persino dell'esistenza del verbale nel quale sono stati trascritti i dialoghi del capo clan in carcere. Ma i verbali ci sono eccome, e sono allegati alla richiesta di arresto di Luigi Cesaro, il potente senatore di Forza Italia, che ormai da due anni è sul tavolo del giudice delle indagini preliminari. Il pm che l'ha inoltrata attende da quasi mille giorni, tempi biblici. All'interno di quel faldone anche i particolari delle vicenda dell'investimento milionario vantato da don Raffaele Cutolo.

Il boss delle cerimonie conclude l'intervista con la giornalista di PiùEnne con un'altra minaccia di denuncia: «se voi vi permettete di toccare questo argomento avrete la querela, ve lo dico già adesso, subito». Insomma, don Polese non ci sta. E si affida agli avvocati per difendersi nelle aule di tribunale. Intanto, dopo quel «la pagheranno cara», di Polese a Pappaianni è arrivata la solidarietà di tanti esponenti politici.
Su Twitter hanno espresso sostegno al giornalista il ministro della Giustizia Andrea Orlando, Nichi Vendola («solidale con Pappaianni giornalista dalla schiena dritta»), Francesco Nicodemo (Dalla parte di Pappaianni. Avanti» e Pina Picierno (Con Pappaianni e con tutti i giornalisti che continuano a informare e denunciare la camorra»).

I deputati di Sinistra e Libertà Gennaro Migliore e Arturo Scotto hanno invece inviato una nota con la quale esprimono «massima solidarietà nei confronti di Claudio Pappaianni, de “l'Espresso” e di tutti i giornalisti e le giornaliste che ogni giorno rischiano l'incolumità propria e dei propri cari per garantire a tutte e tutti noi il più alto livello di informazione possibile». A sostegno del cronista de “l'Espresso” anche Ossigeno per l'informazione, l'osservatorio guidato da Alberto Spampinato che raccoglie le storie e i numeri dei giornalisti intimiditi.

«Questa vicenda dimostra come in Italia le querele vengono considerate come sostituzione delle smentite o delle lettere di rettifica», osserva Spampinato, che aggiunge: «Sono considerata le uniche risposte possibili al lavoro del giornalista, e nelle ultime settimane abbiamo assistito a vari casi dalla Sicilia al Veneto, tutte vicende che mostrano l'allergia verso chi fa inchiesta giornalistica». Secondo i dati dell'Osservatorio tra il 2011 e il 2013 su 886 intimidazioni, 240 sono querele e richieste di danni pretestuose, senza fondamento. Tanto che sono state archiviate o il cronista è stato prosciolto.

Nessun commento:

Posta un commento