martedì 6 agosto 2013

Il magistrato Greco: «Cutolo libero? Ricominci a parlare»

Il pm: nel '94 iniziò il racconto dei segreti del clan

di Antonio Manzo
«Cutolo libero? È uno schiaffo allo Stato. È la resa della giustizia di fronte a misteri criminali inesplorati, a partire dalla trattativa tra Dc, camorra e terrorismo degli anni Ottanta e nel dopoterremoto. Il boss è stato un leader nazionale del crimine organizzato dai collegamenti solidi con la politica, la finanza e l’economia tutt’altro che archiviati. Cutolo ha pesato sulla Repubblica più di quanto si possa immaginare. Sì, proprio lui, impropriamente circoscritto come boss di Ottaviano o capo della Nco».

Alfredo Greco è pm a Vallo della Lucania, dopo una carriera anche al vertice dell’Antimafia di Salerno negli anni della guerra di camorra. Nel 1994 è lui che raccoglie e verbalizza, a mano e con la penna inchiostro verde, i «colloqui investigativi» con Raffaele Cutolo: il boss avvia la dissociazione dal mondo criminale e poi viene fermato dai servizi segreti e poi si blocca la notte che deve essere trasferito dal carcere di Carinola ad un appartamento segreto appositamente costruito, per lui e la giovane moglie Immacolata, in una caserma dei Carabinieri a Salerno. Lo Stato perse anche i soldi della ristrutturazione dell’immobile.

Cosa ricorda della notte della retromarcia di Cutolo?
«Quella notte da una parte ci sono io, insieme ad un capitano dei carabinieri. Uomini dello Stato che avevamo seguito la prima fase della dissociazione di Cutolo; dall’altra, a pochi metri da noi, e negli stessi corridoi gli uomini dei servizi segreti che hanno già sconsigliato al boss di proseguire il percorso di dissociazione. Di fronte a noi, l’altro Stato tragicamente presente nella storia italiana e quella notte minaccioso contro di noi, con un inseguimento di auto e moto sull’autostrada Salerno-Caserta».
Come comincia la dissociazione?
«Cutolo me ne parla dopo la mia requisitoria nel processo per l’omicidio di un bimbo di san Giuseppe Vesuviano, Casillo. Mi dice: mi avete convinto, sono stato io a uccidere il bambino. Primi approcci».
Il primo colloquio.
«È lui a dire: ”Da dove cominciamo?” E io rispondo: ”Dalla prima Comunione”. Sorride e comincia a parlare con compiutezza, correttezza e fiducia estrema».
Il primo riscontro significativo delle parole del boss.
«Ci fa ritrovare una pistola, pronta per l’uso, murata nel carcere di Poggioreale. Gli era stata consegnata da un magistrato, poi arrestato. È un valore simbolico ma efficace del linguaggio criminale».
In che periodo matura la decisione del boss?
«Negli anni in cui la criminalità chiede la «soluzione politica» con la dissociazione. Il clan Mocca il 17 febbraio ’94 fa trovare un carico di armi di fronte al tribunale di Salerno. Gesto preannunciato da monsignor Riboldi. Cutolo scrive anche a Violante, allora presidente della commissione parlamentare antimafia, e dichiara la volontà di dissociarsi».
Il primo capitolo dei quindici verbali.
«Il sequestro Cirillo, la trattativa con uomini della Dc, dei servizi segreti e delle Brigate Rosse. Parole devastanti, a pochi anni dalla linea della fermezza dello Stato sul sequestro e l’assassinio di Moro e della sua scorta».
Nella trattativa cosa garantisce lo Stato a Cutolo?
«Fette consistenti della gestione del dopoterremoto. Politica, affari e crimine. E questo si sa. Ma non sono noti i retroscena inquietanti di una trattativa che fa contare servitori dello Stato vittime innocenti della camorra».
Secondo capitolo dei quindici verbali.
«Cutolo parla e fornisce elementi utili nell’ambito di una indagine già sviluppata dalla procura di Salerno su una montagna di titoli di Stato falsificati e immessi sul mercato finanziario. L’indagine plana a Torino, con l’arresto del medico di Gianni Agnelli e di esponenti della massoneria di Montecarlo».
Il procuratore Federico Cafiero de Raho: Cutolo libero sarebbe ancora capace di riorganizzare fila criminali.
«Ha perfettamente ragione. Intervento deciso, puntuale ed opportuno».
Perchè?
«Anche lui sa che Cutolo non è solo storia della criminalità, ma è il leader di una politica criminale dispiegata, negli anni Ottanta-Novanta, sulla società e nella cultura meridionale».
Quindi, stop a Cutolo libero o con 41 bis allentato?
«Nessun dubbio. Perdonismo ipocrita e resa dello Stato. Il boss ricominci a parlare da dove si fermò nel ’94. O meglio fu fermato dallo Stato deviato».
Cosa potrebbe rifare Cutolo libero?
«Oggi, con la lucidità criminale che potrebbe ancora ritrovarsi, Cutolo inizierebbe a gestire un welfare parallelo per assistere chi è in difficoltà, ad esempio. O gestire l’economia in depressione. Perchè da noi lo Stato, oggi più di ieri , appare ancora lontano con le sue regole e la sua autorevolezza. E spesso, la Giustizia arriva con il torto del drammatico ritardo a riconsegnare le ragioni agli onesti».
fonte: Il Mattino
lunedì 5 agosto 2013

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