domenica 19 marzo 2017
"Il Camorrista" in DVD con uno speciale Backstage inedito prodotto durante le riprese a Napoli.
Se da più di quarant’anni Argento vuole metterci brividi al sarcasmo, Giuseppe Tornatore iniziò a scuotere le coscienze del suo pubblico con la storia verosimile de Il camorrista, ispirata a un vero boss di mafia. Aveva le atmosfete musicali antiche e drammatiche del primo Nicola Piovani, anche lui agli esordi sul grande schermo. Confessava Tornatore a La Repubblica nel ’94, anno in cui fu passato in tv per la prima volta questo ritratto/denuncia sugli intrecci tra camorra e politica: “È un film dimenticato, al quale sono molto affezionato: intanto perché è il mio primo film e poi perché dopo averlo rivisto, recentemente, mi sono reso conto di quanta forza provocatoria e di dibattito avesse al di là di certe ingenuità e inesperienze”. Il volto di Ben Gazzara scolpisce la strafottenza di un uomo in ascesa attraverso la criminalità organizzata. Dal carcere di Poggio Reale fino alla mafia newyorkese, spargimenti di sangue e scontri verbali con i giudici, molte scene erano prese anche dalla cronaca giudiziaria.
È raro ed estremamente prezioso trovare nel dvd il backstage originale di un film girato nell’86. In forma di doc, La febbre del Camorrista di Mario Canale mostra quei set nella pancia trafficata degli anni ottanta. Le riflessioni attoriali di Gazzara e Laura Del Sol sui loro character, ma soprattutto tanto giovane Tornatore. Tra fischi di vigili urbani, troupe in perenne movimento e carretti siciliani il regista ci parla delle origini del film, dell’acquisto dei diritti dal romanzo omonimo firmato Giuseppe Marrazzo – in quegli anni giornalista del TG2, e padre anche di Piero Marrazzo – ma soprattutto della sua idea d’innesto cinematografico tra cronaca e finzione. Una verosimiglianza scottante che anticipava Gomorra, ispirando lo stesso Roberto Saviano per il suo lavoro. Oltre a una storia fumosa di censure e ritiri dal mercato, il film ebbe ben tre querele: una da Raffaele Cutolo, una da Ciro Cirillo, ex-assessore della Campania rapito dalle Brigate rosse nell’81 e rilasciato dietro riscatto, più quella da Enzo Tortora. Non pareggiarono il conto un Nastro d’Argento e un David di Donatello, ma il ritorno in home video a trent’anni dall’uscita era un riconoscimento doveroso.
fonte: Il Fatto Quotidiano
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venerdì 17 marzo 2017
Gomorra anche per Raffaele Cutolo. Il professore fa comodo a tutti, intanto marcisce in galera.
Raffaele Cutolo e gli attori di Gomorra |
Gomorra 3, la serie ispirata ai racconti dello scrittore Roberto Saviano - come riportato da Metropolis - sbarca a Ottaviano. La troupe della fiction che tante polemiche ha alimentato nel corso di questi anni, ha scelto come set una chiesa sconsacrata. Una parrocchia piazzata a due passi dal castello Mediceo, l’ex reggia del boss Raffaele Cutolo, il padrino pluriergastolano che negli anni ‘70 fondò la Nuova Camorra Organizzata.
All’interno della parrocchia è stata allestita - già nel pomeriggio di ieri - una serra di marijuana che fungerà da sfondo per le scene che verranno girate sotto la direzione del regista Stefano Sollima.
21/02/2017
tratto da: http://www.internapoli.it/58524/il-capo-della-camorra-raffaele-cutolo-entra-in-gomorra-telecamere-nellex-reggia-del-professore
tratto da: http://www.internapoli.it/58524/il-capo-della-camorra-raffaele-cutolo-entra-in-gomorra-telecamere-nellex-reggia-del-professore
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giovedì 9 marzo 2017
Storia della Mafia a Brescia: Cutolo ospite sul Garda a Pizza connection
Nel ‘77 Cutolo trovò rifugio sul Garda e la N’drangheta faceva cresime sul Sebino.Pedana fu trovato incaprettato a Lonato, il cadavere di Antonio Messina sul lago d’Iseo
di Marco Toresini
(Corriere della Sera)
(Corriere della Sera)
Il collaboratore di giustizia , prima di fare il narcotrafficante al soldo delle famiglie Caruana - Cuntrera in Sud America, aveva preso casa a Soiano in un’anonima villetta, come anonimo era il suo lavoro di rappresentante di biancheria, una bella copertura per uno come lui, uomo di camorra. Uomo fidato di Raffaele Cutolo, leader della nuova camorra organizzata, che in quella villetta dell’entroterra gardesano trovò rifugio (così raccontò il pentito) negli anni ‘77 - ‘78 dopo la fuga da Poggioreale. Anni lontani che testimoniano però come Brescia ha a lungo rappresentato un luogo sicuro per fare affari, per nascondersi nei tempi di burrasca, per trovare le coperture giuste. Le cronache giudiziarie raccontano come Brescia e il suo territorio non sia mai stato una zona franca per la criminalità organizzata.
Il buen ritiro bresciano e i regolamenti di conti
Al contrario ci hanno riferito come la ‘Ndrangheta avesse messo piedi piuttosto stabili in Valtrompia e a Lumezzane (con le feste per cresime e battesimi nei ristoranti del Sebino trasformati in veri e propri summit tra boss mafiosi) o come, in una lussuosa villa di Concesio, un imprenditore finì tra i personaggi di spicco dell’inchiesta «Pizza Connection», la prima grande inchiesta su «Cosa Nostra» tra l’Italia e New York. Brescia negli anni è diventato il rifugio per chi doveva cambiare aria, anche solo per sfuggire alle guerre tra cosche di una Milano tentacolare, o per chi in terra bresciana doveva regolare certi conti. Allora il lago di Iseo diventava un’ottima tomba dove inabissare personaggi diventati troppo scomodi o il luogo di gialli intricati. Come quello legato al corpo di Antonio Messina, fuggito dalla Sicilia, trovato nel settembre del ‘91 da un cercatore di funghi nei boschi di Sale Marasino. Lo stato di decomposizione del cadavere era talmente avanzato che all’indomani del ritrovamento si presentò ai carabinieri per riconoscerlo un amico con casa nell’hinterland di Milano. Cosa fosse accaduto a Messina lui non lo disse e si portò il segreto nella tomba visto che fu il secondo morto di una serie di feroci esecuzioni che misero a ferro e fuoco la periferia meneghina.
Far West nella Bassa Bresciana
E che dire dell’esecuzione di Adolfo Pedana di Villa Literno, trovato incaprettato, nel novembre del ‘95, nella sua auto abbandonata nelle campagne di Lonato e data alle fiamme da persone rimaste senza identità? Negli anni, però, Brescia diventò non solo terra di scorribande, ma anche frontiera di conquista per gli interessi economici di chi aveva soldi sporchi da riciclare. Così in una serata da Far West nella Bassa bresciana (era il settembre del ‘98) si scoprì che l’uomo freddato nel parcheggio di un centro commerciale a Roncadelle e quello bruciato nell’auto nelle campagne di Brandico erano un ex manager della municipalizzata di Taranto e un avvocato pugliese interessati all’acquisto di alcuni hotel sul lago di Garda e uccisi da un boss di Marcianise in soggiorno obbligato nel Bresciano. Regolamenti di conti tra gruppi di fuoco anche se, è noto, gli affari veri si fanno in silenzio e le aziende si conquistano senza clamori. Tra un sub appalto e un’operazione finanziaria. Tra connivenze e coperture. Perché si sa: il denaro non ha odore.
mtoresini@rcs.it
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11 febbraio 2017 | 13:07
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