29 maggio 1983. L’evasione degli emissari della Nco
AVELLINO – Quel 29 maggio 1983 era una calda domenica di primavera inoltrata: a mezzogiorno dal muro di cinta del carcere di via Dalmazia che si trova al centro di Avellino (il carcere Borbonico oggi diventato museo), si calano uno alla volta quattro detenuti appartenenti alla Nco di Cutolo, la nuova camorra organizzata. Un commando armato di complici in moto li aspetta fuori. Uno dei tre, il killer Antonio Schirato (30 anni) non riesce però a scappare, perché cade e si frattura un femore. Gli altri tre, i cugini Clemente e Pasqualino Perna (di 29 e 32 anni) e Ciro Starace (29 anni), si dileguano: Starace verrà arrestato, casualmente, quattro mesi più tardi, dopo aver forzato un posto di blocco dei carabinieri.
Tutti e quattro erano considerati gli emissari della nuova camorra organizzata in Irpinia. Nel giro di 24 ore il procuratore capo di Avellino, Antonio Gagliardi, emette una lunga serie di provvedimenti giudiziari, ipotizzando pesanti responsabilità a carico dei sette agenti di polizia giudiziaria e dello stesso direttore del carcere Umberto Solimene: quattro mesi dopo vennero condannati in primo grado per il reato di “procurata evasione colposa” (con pene dai sei mesi ad un anno).
Erano gli anni della guerra di camorra, gli anni in cui aveva già raggiunto l’apice l’impero di Raffaele Cutolo (o’ professore), ed erano anche gli anni di piombo, anni in cui si respirava violenza quotidianamente, dove magari era più difficile resistere alle minacce di una camorra che sembrava invincibile. Anche qui in Irpinia. Erano infatti gli anni in cui il sindaco di Quindici dell’epoca, Raffaele Graziano, venne destituito dal prefetto per sospetti rapporti con la camorra (proprio con Cutolo). Un sindaco, l’allora 42enne Raffaele Graziano, che tra l’altro era stato eletto mentre era in carcere, sospettato di essere il mandante di un delitto.
L’anno prima, nel 1982, il procuratore Gagliardi era stato ferito in un attentato camorristico lungo la strada Nazionale che collega Monteforte al Baianese. Nel novembre del 1981 Antonio Schirato, quello con il femore rotto, aveva gambizzato, su ordine del numero due della Nco Enzo Casillo (Cutolo era contrario) il giornalista sportivo della Rai Luigi Necco. Si era azzardato ad accostare, per la prima volta in quegli anni, il mondo del calcio a quello della malavita organizzata. Erano gli anni dell’Avellino in serie A. La camorra si era riversata in città per succhiare i soldi che dovevano servire per i terremotati. Non se ne è più andata.
Articolo tratto da Avellino Ottopagine
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